Non poteva che piovere a Napoli, per i funerali di Giulia Romito. La responsabile dell’Ufficio Stampa stampa del Teatro San Carlo, scomparsa ad appena 44 anni per una malattia fulminante, ha ricevuto il saluto di parenti, amici e colleghi nella chiesa di San Ferdinando, quella detta “degli artisti”, a piazza Trieste e Trento.
Cielo plumbeo e raffiche di grecale portano qualche goccia dal cielo. Il corteo si assesta silenzioso, ancora sgomento, sul sagrato. C’è una rosa sul feretro di Giulia e numerose corone ad accompagnarlo. Colori, tanti: non sono mai mancati alla sua personalità frizzante, sempre vitale. E musica. Di qualsiasi tipo: ne è stata sempre circondata. Un dono preso dal papà Giuseppe, a lungo primo oboe del Massimo.
La navata si riempie in breve tempo. In prima fila siede la famiglia, col compagno Valerio. Segue la “seconda famiglia”, quella del San Carlo, un luogo che, come Giulia ricordava, era la sua vita. E che anche nei momenti più bui, le ha dato forza, assieme a chi le voleva bene.Ci sono Emmanuela Spedaliere, direttrice generale. Accanto, Giovanna Tinaro, responsabile dell’Archivio storico, col marito, Mario Pistolese, regista e amico di una vita. Ancora, Rossana Russo (Ufficio Stampa), Christian Iorio (responsabile Ufficio Marketing), Francesco Squeglia (fotografo di scena), Laura Valente (già capo Ufficio Stampa), il giornalista Paolo Popoli. Ancora, la segretaria Annamaria Irollo, colleghi, ballerini, staff amministrativo. E soprattutto, i musicisti: l’Orchestra del Lirico suona e intona arie per Giulia: momenti struggenti in una funzione composta, delicata.
Le note invadono la chiesa, il grecale fa il resto, nel portarle fino all’ultima panca e fuori, in piazza, fino al porticato del San Carlo stesso, che assiste di fronte, la facciata appena restaurata, le bacheche listate a lutto.
Ad omaggiare Giulia, tanti colleghi: arrivano giornalisti di tutte le testate napoletane, rappresentanti delle tv, agenzie, ex sodali d’ufficio. Non mancano il critico Francesco Canessa, il drammaturgo Ruggero Cappuccio. Ognuno con un pensiero, con un aneddoto e tutti concordi nel raccontarla come una professionista rara, gran lavoratrice, la cui cultura andava a braccetto con la sua curiosità innata, che spaziava in più settori.
Sorridente, dalla battuta sempre pronta, Giulia gestiva agilmente una Prima, come una conferenza, un programma di sala, un ricevimento, una platea di giornalisti frettolosi. Con eleganza e con un’attenzione speciale per tutti i colleghi: dai più blasonati, ai neofiti, che con lei non si sono mai sentiti smarriti per un attimo nel tempio della musica.
Difficile rimanere impassibili negli ultimi minuti, quando sull’altare sale Valerio: le legge una lettera. Parole accorate, misurate, d’amore: “Sono stati i 13 anni più belli della mia vita – legge Valerio, la voce tremante – Grazie per tutto quello che mi hai saputo dare. Sei stata e rimarrai la mia luce”.
Un lungo applauso finale saluta Giulia Romito. La rosellina del San Carlo lascia la navata. Rimarrà per sempre giovane. Non verrà dimenticata.