«Il compito di un giornalista è sempre quello di avere una discussione. E io sono qui per discutere insieme a voi». Carcere di Poggioreale, le tre del pomeriggio. Nella nuova sala multimediale del penitenziario napoletano il direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari incontra una ventina di detenuti del padiglione “Genova”.
Si parla del mondo che cambia, dei conflitti che avvelenano il pianeta, delle elezioni americane e del “Mediterraneo conteso” che dà il titolo al libro nel quale Molinari ripercorre le ragioni alla base della competizione tra Usa, Russia e Cina per acquisire il controllo del Mare nostrum. Oltre un’ora di confronto alla presenza del direttore dell’istituto, Carlo Berdini, e del garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello. E tanti spunti di riflessione.
Maurizio Molinari incontra i detenuti del carcere di Poggioreale
«Quale impatto avrebbe l’elezione di Trump sulla guerra tra Russia e Ucraina?», chiedono ad esempio dalla prima fila. «Trump ha un approccio di tipo non politico. Per lui dipende tutto dal leader. E’ convinto di poter dire a Putin e Zelensky di fermarsi, altrimenti dovrebbero fare i conti con lui. Così anche nei confronti di Israele e Hamas. Questo è il suo approccio”, ragiona Molinari che poi sottolinea: “Per comprendere un politico, bisogna capire da dove viene. Trump viene dal settore del business immobiliare in una città, New York City, dove questo mercato è il più ricco del pianeta. Per avere successo lì devi avere aggressività, perché contro di te hai i migliori del mondo in quel settore. Trump non è un politico, non è uno stratega. Vive di business e transazioni. Ed è spietato».
Nella sala, realizzata grazie a un progetto con il dipartimento di Architettura della Federico II, un grande quadro dell’artista Lello Esposito. I reclusi ascoltano con attenzione la ricostruzione delle strategie poste alla base delle scelte delle grandi potenze. Sono detenuti in regime di “media sicurezza”, ma il confronto con il direttore di Repubblica li accompagna idealmente molto al di là della cella nella quale rientreranno di lì a poco. Il direttore del carcere Berdini chiede del ruolo della Turchia, il garante Ciambriello del ruolo che, nello scacchiere internazionale, può recitare l’Italia. Il nostro Paese, argomenta Molinari, «potrebbe giocare le sue carte per ragioni geografiche: se tutti vogliono il Mediterraneo, dovrebbe essere un interlocutore privilegiato. E poi perché i cavi sottomarini a fibre ottiche attraverso i quali passa il 90 per cento dei dati digitali di tutto il mondo toccano la Sicilia. Ma abbiamo bisogno di leader», avverte il direttore di Repubblica. E dalla platea, arriva l’obiezione: «Ma noi li processiamo, i leader», alludendo al caso Salvini-Open Arms.
«Un tema che incrocia il diritto e la politica», evidenzia Molinari. Il garante Ciambriello cita i gravi problemi che affliggono le carceri, a cominciare dal sovraffollamento: basti pensare che, attualmente, a Poggioreale sono rinchiusi oltre duemila detenuti, a fronte di una capienza che non dovrebbe superare le 1600 unità.
Evidenzia il direttore di Repubblica: «I detenuti sono cittadini come gli altri, con gli stessi diritti di tutti. Il nostro giornale dedica spazio e inchieste a questo tema, ma ci sono questioni, nel Paese, sulle quali mancano lo studio e la discussione pubblica. Un giornale ha proprio il compito di obbligare i partiti a confrontarsi su questi punti».
Alla fine dell’incontro, il direttore di Poggioreale commenta: «E’ importante che le riflessioni su argomenti così attuali rompano le mura e possano entrare nel carcere. Il coinvolgimento con l’esterno aiuta i detenuti a sentirsi parte della comunità». I reclusi annuiscono, poi per Molinari arriva il momento del firmacopie con la dedica: “Ai detenuti del reparto Genova”.