“Terme di Stabia” un marchio in svendita e un’asta ormai andata deserta. La seconda prova per testare la presenza di acquirenti interessati sarà il 23 gennaio quando potrebbe farsi avanti, comprando un brand collegato alla storia di Castellammare di Stabia, un investitore disposto a spendere 86 mila euro. Il 25% di quanto era stato stimato in prima battuta il 30 novembre scorso. La decisione di mettere all’asta il nome, che fa risalire le sue origini ai Borbone, è stata del curatore fallimentare della società di gestione “Terme di Stabia spa” Massimo Sequino.
Inizialmente secondo lo stimatore, la commercialista Paola Mazza, questo marchio aveva un valore di 114.848,58 euro. Su questa base d’asta era stata indetta la gara per il 30 novembre, davanti al Giudice Francesco Abete, presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Torre Annunziata.
In Tribunale, però, non si è presentato nessun compratore. Un primo test del mercato diventato un flop. Un tentativo di fare cassa per rientrare anche di quanto l’azienda fallita nel 2015 è costata anche di recente per un concordato, che ha determinato anche la necessità da parte del comune stabiese di subentrare per rientrare delle perdite su vecchi contenziosi andati avanti per anni.
E ora tocca di nuovo al Comune di Castellammare dovere decidere se tornare ad investire risorse pubbliche per eliminare il rischio che il brand venga acquistato da privati, magari proprietari di un centro massaggi o di una linea cosmetica interessati al brand. “Ci rifletteremo”, ha detto il commissario Raffaele Cannizzaro che al tentativo di risolvere i nodi ereditati dal passato sul caso Terme ha destinato già molte energie e soldi pubblici.
Sono i Democratici e progressisti a chiedere a Cannizzaro di farsi avanti. “Il 23 gennaio, tra pochi giorni, si terrà la nuova udienza per la vendita del nostro marchio, noi pensiamo che sia indispensabile che il Comune presenti l’offerta per evitare che, il marchio, in mano a privati, possa essere usato per le più diverse attività”, scrive il portavoce Raffaele Aponte.
“Quello delle Nuove Terme è un marchio importante sia per completare con quest’ulteriore tassello le iniziative in atto per l’imbottigliamento e quella per la riapertura delle Antiche Terme, che per ipotizzare soluzioni, ne dovrà discutere la città, per rilanciare l’area di proprietà del Comune del Parco dei Cigni, della mescita e del Centro Congressi”, continua il documento.
E infatti comunque è solo il Comune oggi ad avere l’interesse di tenere in mano pubblica il nome “Terme di Stabia” abbinandolo al Parco se al centro congressi nella zona collinare tornati di competenza dell’ente locale.
Il resto del complesso del Solaro, invece, è stato acquistato dalla Regione Campania per farne un ospedale. Il marchio, però, per il comune non significa solo mettere in cassaforte un’identità che ha un valore per gli stabiesi. In campo c’è anche la necessità di abbinarlo alla riapertura dello stabilimento delle Antiche Terme che, nel centro storico della città, rappresenteranno l’unica possibilità di rilancio del termalismo di Castellammare al termine di una ristrutturazione con un investimento di 12 milioni di euro. E la commissione al governo ancora fino al ritorno alle urne della prossima primavera ha una ventina di giorni per pensarci. “Ci rifletteremo”, ripete laconicamente il prefetto Cannizzaro.