“Il raddoppio degli scarichi a mare mette a rischio l’ultimo paradiso coste Napoli”. È l’allarme lanciato dai dirigenti dell’Area marina protetta del parco sommerso della Gaiola, considerato appunto uno degli ultimi paradisi costieri del capoluogo. Sotto accusa il progetto, legato alla riqualificazione di Bagnoli, che prevede il raddoppio del collettore che porta in mare acque nere e piovane.
“La Gaiola è il vero polmone biologico della costa napoletana. Tutto quello che si è salvato è assolutamente da conservare all’interno dei fondali della città in un luogo che da ormai diversi anni tutelato. Devo dire la verità: siamo stati anche presi molto in contropiede perché eravamo convinti che questo fosse un progetto nato sbagliato alcuni anni fa ed eravamo convinti che poi il buon senso avrebbe trionfato. Perché è un paradosso che non si può proprio pensare” attacca Maurizio Simeone, direttore dell’Area Marina Protetta, contestando la decisione del governo sulla realizzazione dello scarico a mare del collettore Sant’Antonio nelle acque di Coroglio e nella Zona speciale di Gaiola e Nisida. Secondo Simeone “Il provvedimento porterà a un raddoppio delle acque di fogna che verranno scaricate in mare in occasione di piogge consistenti”.
E chi lavora per salvaguardare la Gaiola si dichiara sconcertato. “È molto importante – spiega Simeone – che oltre ai pareri tecnici del Parco ci siano pareri negativi con relazioni tecniche, da parte di tutto il gotha della ricerca scientifica sul tema ma non solo, anche del mondo della cultura che si è affiancato al parco per difendere quello che è realmente l’ultimo paradiso costiero della città. La realtà è che si aumenterebbe la portata, come si legge nelle relazioni tecniche da loro scritte, che aumenteranno i carichi di acqua nere, quindi da 100 a 200 metri cubi al secondo, quindi un bel po’”.
Il direttore dell’Area marina protetta ricorda anche che “nell’area della Gaiola c’è tutta
la vita del mare. Ci sono 15 comunità biologiche differenti tra cui il Coralligeno, la Posidonia oceanica. C’è qui un habit prioritario, un miracolo in una metropoli Napoli da 1 milione di abitanti e quindi il suo valore è 10 volte superiore. Andrebbe tutelato sotto una teca di vetro perché è davvero un miracolo della natura, invece si sta distruggendo, non è un modo di dire, veramente l’ultimo polmone biologico della città. Ed è è un luogo molto importante per la costa di Napoli che ancora vive della risorsa mare, ci sono tutti i pescatori della piccola pesca costiera, ci sono i mitilicoltori che allevano le cozze, c’è tutta una filiera anche del mondo della ricreazione legata al mare, dai lidi alla gente che va in kayak. E nei piani nel futuro anche Bagnoli lo sarà, quindi è assurdo distruggere quello che oggi esiste”. Simeone però lascia aperta la porta del dialogo: “È noto che l’impianto di trattamento delle acque di Cuma è un impianto ultratecnologico che lavora, se non erro, a un quinto delle sue potenzialità, quindi a scartamento ridotto. Il problema è che gli arriva poco materiale perché le condotte verso Cuma sono obsolete. Lavorando sulle condotte e raddoppiando la capacità di trasporto verso Cuma, si utilizza una struttura già esistente che è fantastica. Con il ministero c’è ancora a tempo per ragionare. Io penso che sia stato una grande offuscamento condizionato dal parere della Commissione che a mio parere non ha letto adeguatamente nemmeno i pareri tecnici nostri, né le varie osservazioni dei tecnici e quindi è stata presa una decisione frettolosa e probabilmente spinta per mantenere delle scadenze sui fondi. Però quando si parla d’ambiente la tutela della biodiversità e la tutela anche della salute umana dovrebbe essere al primo posto e sono ancora fiducioso che ci siano spazi per riportare la ragione”.