Uno spettro si aggira sulla sanità campana , si potrebbe dire parafrasando Paul Hanebrink , e più esattamente la ipotizzata chiusura dei Centri diurni dell’Asl Na1 rischia di lasciare senza assistenza più di trecento pazienti psichiatrici e senza lavoro un numero imprecisato ma elevato di operatori che negli ultimi decenni hanno offerto la cura e il prendersi cura a moltissimi utenti psichiatrici delle varie zone del territorio.
I Centri diurni sono strutture sanitarie e socio assistenziali che hanno rappresentato e rappresentano un modello integrato tra pubblico e cooperazione sociale che ha trasformato la psichiatria in salute mentale, agito oltre i luoghi e i recinti sanitari, generato inclusione ed emancipazione personale e collettiva, favorito il superamento dello stigma, rispondendo alle impostazioni basagliane che hanno caratterizzato la rivoluzione culturale nei confronti della patologia mentale e dello stigma direttamente connesso.
Uno dei primi centri di riabilitazione psichiatrica e psicosociale in Campania fu istituito nel territorio di Scampia nei primi anni Novanta da Sergio Piro, indimenticato Maestro per molti, che lo chiamò “Gattablu” ( influenzato certamente dal suo amore per i gatti), da sempre caratterizzato per praticare una proficua connessione tra espressione artistica e riabilitazione, partecipando a quei processi collettivi di rivendicazione urbana e sociale, di produzione di bellezza come modello inclusivo.
Oggi il Gattablu e le altre strutture simili rischiano di essere chiuse o trasformate in altro, rinnegando la storia e le esperienze degli operatori e scaricando sul territorio e sulle famiglie i sofferenti psichiatrici finora seguiti e di cui ci si è preso cura.
Di questo e di altro si parlerà nell’incontro del 27 settembre presso la sede dell’ottava municipalità a Piscinola, in una giornata di studi non a caso titolata “La Cura”, in cui, con modalità anche sperimentali, si tratterà del lavoro già fatto in una zona difficile come quella di Scampia, dei risultati ottenuti e dei progetti futuri in antitesi al previsto smantellamento. E ancora rendere pubbliche manovre demolitive non ancora realizzate ma potenzialmente realizzabili sarà un ulteriore passo per consolidare i modelli culturali che allontanano dallo spettro di cui ingenuamente sembrava di esserci liberati: il manicomio e i suoi derivati.
L’autore è uno psichiatra