
Joy è felice quando rema, è un campione di canottaggio. Vince trofei e targhe, ma quello che gli interessa di più non è gareggiare. L’atleta di 25 anni, che affronta in tanti momenti della giornata i problemi imposti dalla sua forma di autismo, sta veramente bene solo con la sua barca attraversando il Lago Patria. Seguito dal suo allenatore, Giuseppe Del Gaudio non lo perde mai di vista.
Fondatore de “L’Accademia del remo” Giuseppe Del Gaudio, con un passato di due volte campione del mondo di canottaggio, nella sua scuola nel quartiere di Soccavo si occupa di una trentina di ragazzi, tutti con disabilità intellettiva. Da 10 anni Joy entra quasi ogni giorno nella palestra nel quartiere alla periferia di Napoli per allenarsi, poi ci sono le trasferte in acqua fino al lago a Giugliano.
Il canottaggio non è solo lo sport preferito dal ragazzo napoletano, terzo nel campionato italiano della sua categoria, è la sua ancora di salvezza. Lo racconta la madre Nori, testimonial con il figlio di una raccolta fondi a favore della struttura sportiva, promossa dalle suore della Fondazione Santa Rita da Cascia Ets.
L’obiettivo è raccogliere, in poco tempo, almeno 31 mila euro per acquistare un pullman, da utilizzare per gli spostamenti dei ragazzi in caso di allenamenti e trasferte per le gare. Oltre a sostenere i costi dei collaboratori di aiuto all’allenatore. «Vogliamo che un numero maggiore di ragazzi possa partecipare», dice la mamma del giovane campione.
«Joy è il diminutivo di Gennaro. Mio figlio non legge, non scrive e non conosce il tempo. Eppure, è autonomo, atletico, socievole, pratica tanto sport, per lui è la cosa più importante. È piacevolissimo stare con lui», sorride Nori. La mamma, un insegnante di 64 anni, si occupa da sola del suo ragazzo da quando, ormai 16 anni fa, è morto il marito per una malattia improvvisa. Era il 2009, ma la tragedia non ha interrotto il lungo percorso di sostegno presso centri riabilitativi.
«Nonostante tutto mio figlio è sereno, perché è cresciuto in un ambiente familiare che lo è, e lo sport ha avuto una funzione fondamentale», sottolinea. Joy è terzo nel campionato italiano di pararowing, il canottaggio per persone con disabilità. «In questo decennio non abbiamo mai pensato di lasciare l’Accademia – racconta Nori – anche se abbiamo cominciato da zero. All’inizio i ragazzi si allenavano nei terreni pubblici, nei giardini messi a disposizione da privati, oggi invece esiste la bella palestra nel quartiere di Soccavo e anche le nostre barche al Lago Patria. Giuseppe porta lì tutti i ragazzi, anche quelli non di livello agonistico».
Nel progetto della scuola l’attività ludico-sportiva del canottaggio diventa una terapia. È stato così anche per Lorenzo, 30 anni, con la stessa patologia di Joy. «Lo sport gli ha consentito di compiere un salto nel suo sviluppo personale», dice il papà. Eppure di strutture come quella di Soccavo non ce ne sono molte, denuncia la mamma di Joy. «A Napoli esistono circoli nautici storici che dispongono delle strutture necessarie, ma escludono i nostri ragazzi. Non vogliono i giovani con disabilità perché il circolo potrebbe sfigurare», racconta. Invece all’Accademia del remo «affrontiamo insieme le difficoltà emerse di volta in volta, come i nervosismi dei ragazzi e le loro instabilità emotive. Non riesco a immaginare mio figlio, né me, senza Giuseppe».
Ai pregiudizi presenti nello sport si riallaccia anche la presidente della Fondazione che promuove la raccolta fondi, suor Maria Rosa Bernardinis, che spiega: «Spesso vediamo solo i limiti dei disabili, invece devono avere le stesse opportunità dei loro coetanei, in modo da sentirsi parte attiva della comunità».