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Memorie dal sottosuolo (tra i rifiuti)

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Il sottosuolo di Napoli nasconde meraviglie, ma anche enormi cumuli di immondizia. Lo dimostrano le spedizioni del geologo Gianluca Minin, incaricato dal Comune di verificare lo stato di salute delle cavità scavate nel tufo per secoli sotto strade e palazzi della città.

Tra laghetti di acqua trasparente, cisterne romane e tesori di archeologia industriale, Minin ha scoperto di recente una discarica abusiva: “Nelle cavità di Napoli rifiuti e detriti ci sono sempre stati”, racconta, “ma scoprire che c’è ancora gente che usa il sottosuolo come pattumiera mi ha molto infastidito e così ho iniziato a urlarlo sui social”.

Quello che, a ragion veduta, ha particolarmente indignato il geologo è il constatare che gli sversamenti, persino di prodotti farmaceutici, non sono datati. Ha addirittura ritrovato uno scontrino di una salumeria del 23 febbraio, quindi assai recente.

Tra le parole che non preferisco, a causa della retorica che si portano appresso, spicca “riscatto”; l’associazione che mi viene in mente è con i sequestri di persona degli anni Settanta-Ottanta, fenomeno criminale circoscritto nel tempo e molto particolare, che ha visto in quei periodi nascita, sviluppo e scomparsa. Pare che quest’ultima sia da attribuire ai mancati benefici: troppo rischio per scarsi vantaggi. Le forze dell’ordine inoltre avevano ampliato le loro conoscenze del fenomeno fino a diventare eccessivamente pericolose per chi compiva tale crimine. I rapimenti a scopo di estorsione prevedevano un riscatto congruo e relativo dibattito sull’esigenza di bloccare o meno i beni della famiglia. Il ricordo è vivido, l’immaginazione pure: davanti ai miei occhi compare Napoli legata e imprigionata nel suo stesso sottosuolo in attesa di pagare un prezzo per la sua libertà.

La patologia del sottosuolo, infestato da scarti, è la catena di filo spinato, è costringere gli occhi verso l’offesa invece che verso i laghetti di acqua trasparente, cisterne romane e tesori di archeologia industriale. Napoli come al solito diventa l’offesa e il rimedio, l’addio e il ritorno, la traditrice e la tradita. È stato detto e ridetto che Lei è l’onta e il ballo successivo, la magnificenza e l’abbandono. Chi vuole conquistarla resterà catturato. La città che pare ammaliata dal potere, invece lo ammalia. Se lo mangia e ne ride. Così, giusto per non esagerare, possiamo ricorrere alle parole di Jean Cocteau, “il Papa è a Roma, Dio è a Napoli”, ma consapevoli che ogni divinità, per essere perfetta, deve contenere il suo contrario. L’assoluto balla tra il bene e il male, indifferente agli abissi e ai cieli.

In fondo il riscatto, celebrato da ogni parte con enfasi degna del sole, potrebbe passare attraverso norme ricordate, banali, tipo non costringere le viscere di Partenope a ingoiare immondizie, rispettare la bellezza che è la vera risorsa della nostra città. Non c’è bisogno di apologie, di strilli, di mea culpa e di alambicchi magici, per comprendere che un lago sotterraneo di acqua cristallina è la meraviglia che riempie le crepe, che la cultura può addirittura proteggere una certa normalità, che il patrimonio archeologico e paesaggistico non vanno oltraggiati. Allora sì che non dovremo più pagare riscatti di monete d’oro, persino i pirati predatori se ne andranno perché la criminalità non converrà più. Potremo scendere dalle logge, aprire i balconi, fare entrare il mare.

Essere esempio.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2024/03/17/news/rifiuti_sottosuolo_napoli-422324743/?rss

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