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Lo snaturamento delle aree pedonali

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La città e le feste natalizie: ombre e luci, tornano l’emergenza che invoca la normalità, la richiesta di interventi urgenti per far fronte a un abnorme e mal governato turismo di massa, attratto prevalentemente da quei pochi luoghi che nell’immaginario collettivo dovrebbero rappresentare ed esaurire tutta la ricchezza, la “grande bellezza”, l’unicità di Napoli.

E allora scattano il dispositivo dei sensi unici pedonali a San Gregorio Armeno, la fantasiosa creatività di proposte come i ticket di ingresso ai siti più affollati o i segnali di “tutto esaurito” per limitare gli afflussi e via discorrendo. Ma i motorini continuano a stazionare nei dedali di strettoie e vicoli; scorribande di motoveicoli rumorosissimi pretendono con arroganza la precedenza sui pedoni, costretti a mobilitare con prontezza i loro riflessi per scostarsi e non essere investiti; tavolini di bar, friggitorie, ristoranti riducono ulteriormente lo spazio minimo per chi attraversa il centro storico.

I cittadini hanno capito che le pedonalizzazioni non si decidono più per scopi ecologici e per rendere vivibili le aree urbane, ma per consentire la diffusione del commercio su pubblica via che ne diventa quasi l’appendice: tutto lo spazio guadagnato dagli esercizi commerciali è, in realtà, sottratto alla disponibilità dei cittadini e dei visitatori. E altri effetti delle pedonalizzazioni sono tavolini e sedie ovunque, inquinamento acustico e inquinamento dell’aria, provocato dalle esalazioni puzzolenti che fuoriescono dalle cappe di aspirazione e dagli impianti di condizionamento. Le pedonalizzazioni risultano così, per una sorta di eterogenesi dei fini, essere un danno per l’ambiente, per i residenti e i turisti.

Si dirà: il fenomeno è ormai diffuso su vasta scala in tutte le città italiane a forte attrazione turistica. Ed è indubitabilmente vero. Ultimamente mi è capitato di passeggiare per Pisa: tutte le strade che portano a piazza dei Miracoli sono ostruite da tavoli e sedie di bar e ristoranti che riducono a ristrettissimi varchi il passaggio pedonale. Ma qui a Napoli tutto è eccessivo, per così dire: e alla già difficile topografia urbana, alle strettoie di decumani, vicoli e dedali di viuzze si aggiungono anarchia, indisciplina e abusi che ormai fanno parte integrante del vissuto urbano quotidiano.

Spostiamoci alle infrastrutture di comunicazione urbana: ancora ombre sulla città. Abbiamo certo le stazioni del metro più belle del mondo, capolavori di arte e di architettura. Da ultimo godiamoci pure il premio Versailles alla stazione metro della linea 6 “Chiaia”. Ma la bellezza delle stazioni è inversamente proporzionale alla loro funzionalità, alla frequenza dei treni, alla sicurezza del viaggio. Certo i cittadini non chiedono che il secondo profilo, la funzionalità, sia perfettamente aderente al primo, la bellezza delle stazioni, ma che almeno la distanza fra i due tenda almeno a diminuire.

E le luci sulla città? La riapertura dello scalone d’oro di Palazzo Reale è un’ottima notizia, certo. Ma costituisce solo un primo passo verso la rinascita di quella “Reggia sul mare”, a cui Repubblica ha dedicato qualche tempo fa uno dei volumi della collana “Novanta-Venti”, regalato ai suoi lettori. Si tratta solo di una prima tappa verso il recupero dello storico rapporto del Palazzo Reale con piazza del Plebiscito e con il mare.

Così con molte ombre e qualche luce, spiraglio di ottimismo della volontà in una condizione di diffusa precarietà e di pessimismo dell’intelligenza, ci avviciniamo alle prossime feste natalizie.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2024/12/01/news/lo_snaturamento_delle_aree_pedonali-423785559/?rss

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