
Un lunga visita, l’incontro toccante con le storie e i ragazzi di Nisida, e il sostegno di chi crede fino in fondo che quei minori meritino un’altra chance. Soprattutto perché questo prevede la Costituzione. Nel giorno in cui, un po’ ovunque in Italia, l’inaugurazione dell’Anno giudiziario è segnata da forti tensioni e mentre, nel Salone dei Busti, il Pg Aldo Policastro denuncia nella sua relazione «la realtà allarmante della criminalità minorile», Paola Severino, ex ministra della Giustizia, varca la soglia dell’istituto minorile piantato sulla piccola isola della costa flegrea.
Un incontro voluto dalla ex Guardasigilli, che è presidente della Fondazione Severino per la cultura della legalità, anche nel segno di progetti destinati ai ragazzi finiti nel “carcere” del mare fuori.
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«Nisida è un luogo di commovente bellezza e di disperante tristezza – scuote la testa l’ex ministra, commentando con Repubblica il senso della visita – un’isola sospesa tra la gioia del mare e l’orrore delle sbarre. Ho visto l’istituto popolato di giovani tornati alla dimensione naturale di bravi ragazzi, ma pronti a ritornare alla prospettiva del crimine una volta usciti». L’ex ministra si occupa di Recidiva zero, cioè del dopo: per offrire un’occasione vera di cambiamento a chi, in quella cella, è destinato a tornare.
«Ogni volta che entro in un carcere minorile penso a quanto distruttiva sia la società che li risucchia nel gorgo della droga e del delitto e quanto indifferente sia il popolo degli “onesti”, convinti di avere a che fare con soggetti tanto diversi da sé, da dimenticare e seppellire in una cella», ragiona Severino. Passano gli anni, con i minori la situazione si fa più difficile. «Se ognuno di noi guardasse negli occhi di quei ragazzi vedrebbe lo stesso sguardo giovane e sfidante dei nostri figli e nipoti, pronti a scalare la vita – sottolinea lei – Uno sguardo che dovrebbe smuoverci dall’indifferenza, indurci a programmare modalità di recupero che testimonino la funzione rieducativa della pena».
Ecco perché è nata la sua Fondazione: «L’ho creata perché si occupasse di dare attraverso il lavoro una chance a chi ha sbagliato, per non ricadere nel reato. Recidiva zero non è un sogno, ma un progetto concreto che, assicurando lavoro al giovane detenuto, gli consente di affrontare il difficile momento dell’uscita dal carcere. Potendo confidare nella sua capacità di guadagnare onestamente e intraprendere un nuovo percorso».