Ripubblichiamo l’ultimo articolo pubblicato dall’urbanista Alessandro Dal Piaz su Repubblica, martedì scorso, 8 ottobre.
Abbiamo già più volte denunciato l’ispirazione cementificatrice della recente legge regionale della Campania numero 5/2024. In parole semplici, una legge “urbanistica” che riconosce – secondo logiche degne del Far West – a qualunque proprietario di costruzioni non direttamente connesse con attività coltivatrici, l’inconcepibile diritto di incrementarle, “a prescindere”, attraverso incentivi volumetrici da un quinto a più di un terzo (in qualche caso, alla metà) e semplici “programmi di rigenerazione urbana” (!) le cui procedure saranno stabilite in sede di regolamento attuativo (che sarà approvato dalla sola giunta regionale).Nella perdurante assenza del piano paesaggistico regionale redatto congiuntamente dalla Regione e dal ministero della cultura (Mic), ciò consentirà cospicue trasformazioni edificatorie anche in ambiti di grande valore e vulnerabilità eventualmente non ancora tutelati e disciplinati.
Tale impostazione – costantemente sancita come incostituzionale dalla giurisprudenza dell’Alta Corte – impedisce allo Stato l’esercizio della tutela previsto dall’articolo 9 della Carta repubblicana.Sulla Lrc 5/2024 gli uffici legislativi di diversi ministeri avevano espresso pareri anche molto critici. In particolare quello del Mic del 18/06/2024, dopo “una breve ricognizione dello stato di avanzamento dell’elaborazione congiunta del piano paesaggistico della Regione Campania”, è marcatamente severo ravvisando espressamente profili di illegittimità costituzionale e concludendo “di proporre l’impugnativa innanzi alla Corte Costituzionale delle norme (…) contrastanti con gli art.135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e comportanti un abbassamento dei livelli del paesaggio, per violazione dell’art 9 co.2 e dell’art.117, co.2, lettera s) della Costituzione”.
In tale parere – va rilevato – il Mic recepiva anche segnalazioni ed argomenti dell’esposto, inviato al Consiglio dei ministri per sollecitarne il ricorso alla Corte Costituzionale dalle associazioni e organizzazioni che nei mesi scorsi hanno elaborato e diffuso in Campania l’Altra Legge urbanistica, modernamente consapevole delle vere criticità ambientali e sociali di questi anni. La Regione, senza far parola dell’accusa di incostituzionalità, aveva ottenuto l’assenso del CdM proponendo di introdurre nella 5/2024 tre correzioni lessicali assolutamente marginali, poi effettivamente approvate con la legge 13/2024.In tal modo, restano immutati i rischi per il territorio determinati dal ribaltamento dei valori a favore della speculazione edilizia e della rendita immobiliare ai danni non solo del paesaggio, ma anche della sicurezza e della salute dei cittadini, come le tragedie prodotte dal mutamento climatico dimostrano sempre più spesso.
Le associazioni dell’Altra Legge hanno nuovamente investito il CdM della questione, complessa e delicata, chiedendo che anche sulla LRC 13/2024 fosse la Suprema Corte a valutare con piena cognizione di causa.Ma ancora una volta il governo ha lasciato cadere la cosa, dimostrando come, al di là di collocazioni e bandiere di comodo, esistano interessi trasversali privilegiati che finiscono regolarmente per prevalere sui diritti generali.