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Le truffe ritrovate da Peppino Mazzotta per le sue “Anime morte”

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In tempi come i nostri in cui le imprese truffaldine gareggiano con la stupidità di ricchi che si lasciano truffare, o intraprendenti signori bugiardi avidi di commerci e nuove imprese vengono scoperti per il troppo esibire le proprie invenzioni, Peppino Mazzotta decide di giocare con i personaggi improbabili inventati nell’ormai lontanissimo 1842 da Nikolàj Vasil’evic Gogol’ per mascherare le critiche al suo mondo de “Le anime morte”.

Mazzotta chiede aiuto alla impertinenza sodale di Igor Esposito, scrittore e poeta, che collabora a scrivere con lui questo “Le anime morte, ovvero le (dis)avventure di un onesto truffatore” messo in scena al Teatro San Ferdinando per comunione produttiva tra i Teatri Stabili Nazionali di Napoli e del Veneto. Ecco così che il titolo del romanzo di partenza si dilata e dilata tempi e luoghi in una Russia lontana e paradossale, divertente come fosse una favola appena un po’ truce, colorata come un gioco di fantasioso design contemporaneo, ridicola per improbabilità vissuta da un gruppo di strampalati personaggi messi alla berlina per abbondanza di avida stupidità provinciale.

Mazzotta gioca d’impertinenza all’immediato aprirsi del sipario, con il bizzarro corteo funebre al seguito dell’infinito feretro lungo come tre bare messe insieme. E il gioco è fatto, ché se questo è il morto il suo mondo non lo sarà da meno per spropositi e invenzioni da distribuire tra tutti i componenti della squadra messa insieme a fare “compagnia” che dovrà dire della truffa di tal Cicikov “burocrate truffaldino” che uno strepitoso Federico Vanni, porta in giro per paesi imbecilli, promettendo soldi a chi gli vende anime di servi morti da rimettere poi sul mercato dei rimborsi di tasse mal pagate, intreccio di bugie che sembra una gara e invece è tranello in cui cadere senza più trovare il filo per uscirne fuori. Inno mortale alla burocrazia, sberleffo agli avidi, fotografia impudica di una società che in filigrana si misura con quella del nostro tempo e allude e gioca con mortificati caratteri comicamente rabbiosi. Mazzotta ci gioca con evidente gusto del paradosso, e si diverte della caciara quotidiana di un governare regole incapaci.

Lo assecondano i suoi attori, tutti uniti nel caravanserraglio rumoroso. Con Milvia Mariglianon, innervosita vedova Korobocka, unico personaggio femminile in tanta folla di uomini sciocchi, e un impagabile Raffaele Ausiello sempre ubriaco per il suo Nozdrev. Ancora, Antonio Marfella, Alfonso Postiglione, Salvatore D’Onofrio, Gennaro Di Biase, Gennaro Apicella, Luciano Saltarelli, figurine colorate intagliate in un mondo bizzarro da pretenziosa e buffa collezione che la fantasia di Eleonora Rossi ha vestito e collocato nel mondo futuro della scenografia di Fabrizio Comparone, tutto forme, colori e sussulti d’ironia contemporanea, messa in sussulto dai contributi digitali di Antonio Farina, illuminata tra bui e penombre da Cesare Accetta, spinti nel gioco al ritmo delle musiche di Massimo Cordovani.

Di tutti loro, e della gran fatica nervosa dei loro personaggi venuti da lontano verso un oggi possibile, sembra sorridere nero Peppino Mazzotta, regista e nuovo autore, come un esorcista.

Si replica ancora sabato e domenica alle 18.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/04/12/news/le_truffe_ritrovate_da_peppino_mazzotta_per_le_sue_anime_morte-424124288/?rss

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