Giovanni Lepre
economista
Per medie imprese si intendono, secondo i parametri usati da Mediobanca-Unioncamere nella periodica indagine condotta su questo segmento produttivo, realtà con fatturati oscillanti tra 17 e 370 milioni di euro e una forza lavoro tra 50 e 499 dipendenti.
Non sono tantissime in Italia: 4092, di cui meno di 450 in un Mezzogiorno esteso alle isole, all’Abruzzo e al Molise. Di conseguenza, in una nazione relativamente carente per quanto concerne questa fascia dimensionale di aziende, il Sud se la passa piuttosto male, come consistenza numerica.
Le cose peggiorano se si guarda al trattamento fiscale di tali imprese. Dal 2013 al 2022 l’imposizione fiscale nel Mezzogiorno è stata pari al 31,3%, a fronte del 28,5% del Nord-Ovest e del 28,3% del Nord-Est.
Sta di fatto che le medie imprese meridionali, con in testa la Campania che ne conta il gruppo più folto, con 172 unità, dimostrano di viaggiare a ritmi superiori alla media. Nello stesso decennio indicato, 2013-2022, il fatturato delle medie imprese italiane è cresciuto del 60,6, quello del Sud e Isole del 71,2%, L’occupazione in queste imprese è lievitata in Italia del 22,8%, nel Sud del 29,6%. Se poi si guarda alle esportazioni, la performance sudista è impressionante: +92,7%, contro +63,5%.
Quando si sottolinea la necessità di far decollare rapidamente la Zes unica, anche definendo in tempi stretti il suo piano strategico, si parte anche da queste cifre. C’è un’impresa del Mezzogiorno che sta crescendo ed è più dinamica che in altre aree dello Stivale. Favoriamola in questo sforzo, creiamo anzi le basi perché si estendano filiere e tessuto produttivo.