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Il referendum e l’insofferenza del Mezzogiorno

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Un successone. L’avvio della campagna referendaria per abrogare la legge sull’autonomia differenziata è partita col botto: oltre 100.000 firme già raccolte online (https://pnri.firmereferendum.giustizia.it/referendum/dettaglio/500020).

Si sta, dunque, materializzando quanto già si è qualche volta verificato nella nostra storia repubblicana. In taluni, circostanziati momenti viene a crearsi, attorno a temi di rilevanza generale, un’aggregazione spontanea di consensi, opinioni, legami in grado di provocare una sorta di “effetto valanga”.

L’ultima volta questa circostanza si concretizzò contro la riforma costituzionale proposta da Matteo Renzi, che pagò dazio. Questa mobilitazione, che pare essere uniforme in tutta Italia, sta dando corpo ad un fenomeno che trova causa, e spiegazione, in circostanze che non si esauriscono entro uno spettro eminentemente politico o giuridico. Certo, cominciano a vedersi anche nei partiti i primi effetti della riforma. In tal senso, è palese la contrarietà di Forza Italia a una legge che rischia di minare fortemente il proprio consenso nelle regioni meridionali.

Le nette prese di posizione sul punto assunte da Antonio Tajani in consiglio dei ministri e da Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria e vicesegretario nazionale di Forza Italia, sono significative. La destra s’è desta, verrebbe da dire. In realtà, vi è la piena consapevolezza che l’elettorato moderato, che esprime i governatori del Sud, può schierarsi con il fronte referendario. Che poi tali schermaglie possano rientrare nel più vasto serbatoio di fibrillazioni che attualmente rendono effervescente la dialettica nel centrodestra, ci può stare.

Nemmeno può escludersi che questo atteggiamento di FI sia il frutto della svolta movimentista che Marina e Pier Silvio Berlusconi pare abbiano imposto. Sta di fatto che una parte della destra esprime forti perplessità sull’appoggio a una riforma percepita come contro il Sud. E ciò è quanto emerso finora. Ma c’è da scommettere che una buona fetta dei militanti di Fratelli d’Italia nel Mezzogiorno la pensi allo stesso modo. Quel mondo di destra che ha sempre creduto nei valori dell’unità del Paese, della sua identità omogenea, del suo essere nazione prima che Stato è plausibile che si opponga alla svolta del leghista Calderoli.

La presidente Meloni lo sa benissimo e nulla può escludere che, giunti alla stretta decisiva, in un prossimo futuro la riforma venga dolcemente accompagnata alla porta e lasciata tra i bagagli dispersi di cui nessuno denuncerà lo smarrimento. Ma c’è dell’altro. E l’altro è proprio nel significato metapolitico del messaggio referendario. Che travolge qualunque distinguo tecnico, ogni sottigliezza giuridica, qualsiasi spiegazione politica.

Un messaggio che dice chiaramente che l’autonomia differenziata mira a penalizzare il Mezzogiorno, a privarlo dei servizi minimi del vivere civile, a creare nuove disparità tra territori del Paese, a certificare la distinzione tra cittadini di serie A e di serie B, ad allargare il divario tra la ricchezza, il progresso, il benessere del Nord e la povertà, le difficoltà, le miserie del Sud. Questo passa. Ed è un messaggio semplice, fortissimo, efficacissimo. Che non può più essere contrastato entrando nel merito delle questioni, come qualche volenteroso pure si ostina a fare. Probabilmente ciò non è giusto. Ma la forza simbolica di un palcoscenico dove i poveri sudisti combattono la battaglia contro i nordisti ricchi ed egoisti, ha una forza espressiva totalizzante. Un’energia dirompente che sembra non ammettere repliche. Contro pulsioni, emozioni, sentimenti di tal fatta c’è poco da fare.

L’illuminismo critico che viviseziona il dettaglio qui non pare trovare più spazio e deve cedere il passo a una miscela eterogenea che somma la critica ragionata e argomentata con un meridionalismo ad ampio spettro e di varia estrazione, fino a comprendere posizioni rivendicazioniste, ribelliste e fors’anche neoborboniche. In un assemblaggio che va ben oltre la classica contrapposizione tra destra e sinistra, tra antifascisti e fascisti, pure recentemente riproposta da novelli Fronti popolari. Qui c’è ben altro, c’è un trasversalismo che non si spiega solo in termini di differenze politiche, ma che affonda le radici nel sangue vivo del Paese, nella condizione di minorità che il Sud ha sempre sofferto, nella povertà e nella disperazione di una parte dei cittadini italiani, nelle ingiustizie e nelle umiliazioni secolari percepite, a torto o a ragione, dai meridionali. Che non consentono sottigliezze da legulei. Nei panni del governo non sottovaluterei ciò che sta accadendo.

Questa faccenda somiglia straordinariamente ad altre che nel passato hanno decretato la fine prematura di promettenti speranze. Perché, per dirla con un grande, magari la storia non si ripete, ma spesso fa la rima.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2024/07/28/news/il_referendum_e_linsofferenza_del_mezzogiorno-423418570/?rss

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