Per il lavoro che svolgo sono un assiduo frequentatore di autogrill. Viaggio molto e, lo ammetto, li amo, ho proprio una fissazione per le aree di sosta, mi piace prendermi una pausa, perdermi nel guardare gli altri acquistare zuccheri e gadget inutili. Ebbene, nelle code che sono costretto ad affrontare alle casse, noto un numero sempre più spropositato di persone che acquistano Gratta e vinci.
E, in effetti, a guardar bene, ’sti foglietti di cartone sono ovunque, dietro le spalle del commesso, sul banco della cassa, appesi da ogni parte, da cinque, da dieci, da venti e passa euro. Uno su tre acquista caffè, cornetto, e qualche Gratta e vinci. Ciò significa che una consistente parte di società spende il proprio denaro a grattare, nella speranza vana di diventare ricco.
E invece si fa sempre più povero. Perché, lo sappiamo, al gioco d’azzardo si perde, vince solo il banco, in questo caso, lo Stato. Ed è quantomeno bizzarro, se ci fermiamo a riflettere, che il Governo si arricchisca a discapito dei più deboli. Niente di nuovo, vero, ma solo perché siamo abituati, perché guardare gente che getta lo stipendio nel gioco ci sembra ormai normale. La dipendenza da gioco è una dipendenza a tutti gli effetti, c’è chi si è rovinato e ha distrutto la propria vita, quella della famiglia e dei figli.
La dipendenza da gioco va trattata come qualunque altra forma di dipendenza: le persone devono essere aiutate, non sfruttate. Direte, lo fanno anche con le sigarette. Vero, un altro paradosso al quale siamo abituati. La prossima mossa potrebbe essere quella di aprire, che so, alle amfetamine, o alle benzodiazepine, che pure portano dipendenza; se ne venderebbero a pacchi, vi assicuro, e lo Stato si arricchirebbe a dismisura. A quel punto il governo non avrebbe nemmeno più bisogno di far finta di cercarli gli evasori fiscali, tanto i soldi in un modo o nell’altro comunque tornano al banco. Che vince sempre.
