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Il futuro porta fortuna

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L’imprevedibilità fa più paura del mammone. Chissà cosa succederà: i guai del mondo si calmeranno o ce la metteranno tutta per concludere disastri già avviati? Vincenzino mi amerà o continuerà ad andare appresso a quell’altra?

È vero che chiuderà pure quest’altra fabbrica? E il mio impiego invece? Dove andrò a finire? Guarirò, peggiorerò, mi salverò? Mi libererò finalmente dall’incubo del mutuo? In fondo mi basta una vincita, una sola, ma sostanziosa. Io invece riuscirò a mollare questo monolocale più angolo cottura che occupa lo stesso spazio del frigorifero di una delle Kardashian?

Avrò un figlio? Mica avrò un figlio? Se succede il boss mi licenzia subito subito con qualche scusa? Lui mi ha avvisato: niente figli per ora, che come sei entrata, così te ne vai. Per ora. Chissà poi quale sarà per lui l’ora giusta. Ce la farò a superare il mare e arrivare alla terra promessa? Avrò un amore qualsiasi? Avrò, sarò, riuscirò, ce la farò una volta per tutte?

Sciocchezze, noi siamo artefici del nostro destino! Sì, sì, come no: guarda bene, è il destino il vero artificiere. Da un momento all’altro ti esplode in faccia come un botto di capodanno venuto male. Ma per carità, tu il malamente te lo chiami, così! Cammina sicuro, pensa che vai verso il bene.

Ah, certamente, ora il burrone si chiama bene. Smettila, lo vedi come fai?

Lo smarrimento causato dal non conoscibile, in agguato dietro ogni angolo, si accanisce in circostanze tipo inizio anno, compleanni, le promesse di rettitudini future che arrivano puntuali dopo i bilanci, valutazioni su strade da fare, ricorrenze varie, anniversari e chi più ne ha più ne ometta (che è meglio).

Vogliamo sapere quello che ancora non possiamo sapere. Perché? Perché sì.

Il vizio antiscientifico è un costume datato. L’augurium era una lettura del futuro concentrata nello studio del volo degli uccelli e nell’interpretazione dei fenomeni del cielo. Nella Roma antica i sacerdoti di questa divinazione erano detti àuguri. I fulgatores etruschi anticipavano il futuro studiando la direzione dei fulmini e sapevano illustrare, ma proprio bene bene, la volontà degli dei: il fulmine ha detto che devi fare così, così e così.

E perlomeno àuguri e fulgatores non squartavano bestie per indagare le loro viscere, come facevano gli aruspici: caro fegato, tu sì che sai, dimmi tutto.

Intanto, per tornare agli studi, Pablo Sendra e Richard Sennett, docente di pianificazione urbanistica londinese il primo e notissimo sociologo e docente americano il secondo, nel libro “Progettare il disordine” affermano che “una città aperta funziona come Napoli”. “Si apre una riflessione sul funzionamento dei luoghi nel loro divenire densi ed eterogenei, nelle strade affollate che svolgono funzioni pubbliche o private creando le condizioni per generare incontri casuali, situazioni innovative e generando sicurezza”.

Anche se con esiti assai inferiori per qualità e metodo, potremmo provare a progettare il disordine del futuro. L’inconoscibile diventerebbe una strada affollata di incontri casuali, dove si comporrebbero curiosità felici.

Che poi perché dobbiamo accanirci a indagare le viscere del futuro invece di lasciarlo libero, non vivisezionato, portatore sano o meno sano di novità.

È vederlo ancora la fortuna.

E comunque auguri, senza indagini varie, senza certezze, con il ricordo della dolcezza infinita di alcuni imprevisti, belli ma così belli, che ancora ci chiediamo per quale fortuna siano toccati a noi.

Magari quest’anno succede di nuovo.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/01/06/news/il_futuro_porta_fortuna-423922987/?rss

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