Hanno provato negli anni a imporgli il silenzio. Non ci sono mai riusciti. E ancora oggi, a trent’anni dalla sua uccisione, don Peppe Diana parla attraverso l’amore del suo popolo, attraverso i suoi concittadini di Casal di Principe, donne e uomini che nel suo solco denunciano crimini e soprusi di camorra.
Proprio in un bene confiscato al clan dei casalesi, una villa oggi centro policulturale ribattezzato “Casa Don Diana” e sede del Comitato a lui dedicato (guidato da Salvatore Cuoci), è stato presentato alle 16 il nuovo libro di “Repubblica” della collana editoriale Novanta-Venti. Sarà in edicola martedì 19, offerto gratuitamente assieme al quotidiano.
Il volume, intitolato “Don Diana il ribelle”, è edito da Guida, con la curatela di Ottavio Ragone e Conchita Sannino, rispettivamente responsabile della redazione napoletana e vicedirettrice del giornale. La prefazione è del direttore Maurizio Molinari.
“Il libro – dice Ragone – racconta una storia di coraggio civile, una storia di speranza e di riscatto, fino all’estremo sacrificio”. Trent’anni non sono passati invano: lo Stato è intervenuto, all’azione giudiziaria e di denuncia è seguita una crescita sociale e culturale. “Ma sappiamo tutti – sottolinea Ragone – quanto sia labile il confine tra memoria e oblio. Ecco, le nostre pagine, che omaggiano don Diana, sono un monito su quanta strada ci sia ancora da fare”.
Marisa Diana, la sorella di don Peppe: “Ricordo le urla di mia madre”
Era il mattino del 19 marzo 1994. Poco dopo le 7: Giuseppe fu assassinato prima di dire messa, all’interno della chiesa di San Nicola di Bari. La reazione della città fu immediata: in ventimila manifestarono contro la camorra, in un territorio fragile e rischioso.
“Oggi – afferma il magistrato Antonio Ardituro – Casal di Principe è cambiata, non è più la casa del clan, ma la casa di cittadini e dell’impegno civile. La camorra non è ancora sconfitta, ma il sacrificio di don Diana ha dato un grande impulso al cambiamento”.
La presentazione del volume è stata moderata dall’inviato Dario Del Porto, che firma il capitolo sul processo ai mandanti ed esecutori dell’omicidio. Molti gli ospiti e i rappresentanti delle istituzioni tra gli interventi e nel pubblico.
Presenti il procuratore di Napoli Nord Maria Antonietta Troncone, il vescovo di Aversa Angelo Spinillo, Marisa Diana, sorella di don Peppe, Augusto di Meo, testimone dell’omicidio, don Tonino Palmese(presidente della Fondazione Polis), l’assessore regionale Mario Morcone, l’onorevole Federico Cafiero de Raho, il prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo, il questore di Caserta Andrea Grassi, il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Manuel Scarso, il professor Sergio Tanzarella, il giornalista di Repubblica e scrittore Raffaele Sardo.
Proprio Cafiero de Raho prende la parola: oggi parlamentare per il Movimento 5 Stelle, già procuratore nazionale antimafia, indagò proprio sull’omicidio del sacerdote. “Quando don Diana fu ammazzato – racconta – ero in magistrato che si occupava delle indagini sul Caserta: eravamo in gruppo che stava approfondendo le attività dei casalesi, un clan che fino a pochi mesi prima era totalmente ignorato dalla magistratura e dalle forze dell’ordine”.
Fu proprio l’omicidio di don Peppino a scuotere lo Stato, nonostante te le “ripetute informative – ricorda il sindaco di Casal di Principe Renato Natale – sulle attività camorristiche del territorio, che fin dall’inizio degli anni Ottanta inviavamo alle forze dell’ordine”.
Don Peppe fece la differenza, perchè “È stato l’uomo, il pastore, l’intellettiale che ha fecondato questa terra, di grande senso di ribellione e fede nell’umanità, nonostante l’operazione criminals delle mafie”.
Scorrendo il sommario di “Don Diana il ribelle”, le prime pagine riportano il discorso del presidente Mattarella a Casal di Principe che ripubblichiamo. C’è anche l’ultima intervista rilasciata da don Diana poco prima di essere ucciso, firmata da Marco Sarno. Inoltre il racconto di Augusto Di Meo, testimone oculare dell’omicidio e la ricostruzione dell’inchiesta e del maxiprocesso Spartacus, firmati rispettivamente da Del Porto e Giovanni Marino. Sannino è invece autrice dell’intervista al boss Francesco Schiavone “Sandokan”, nell’aprile del 1992.