Non sappiamo oggi l’esito della richiesta di referendum per l’abrogazione della legge Calderoli né l’esito dei ricorsi alla Corte di alcune Regioni, e pur tuttavia occorre riflettere che la riforma costituzionale del titolo V è stato il frutto del cattivo funzionamento degli organi, anche elettivi, della Repubblica e della stessa amministrazione centrale, denunciato nel corso degli anni dalle autonomie locali (Regioni Province e Comuni), che furono protagoniste, con le loro associazioni, Anci e Legautonomie, di una stagione intensa di impegno istituzionale e, soprattutto, dall’esperienza faticosa, quotidiana dei cittadini nel loro rapporto con i servizi pubblici.
Occorre anche chiedersi qual è l’alternativa al testo Calderoli per evitare un centralismo ed un burocratismo che sarebbero inaccettabili in una società che oramai vive e produce sulla spinta tecnologica avanzata veloce, che rifiuta i lacci e lacciuoli che viziano il sistema pubblico.
Intanto, non può che apprezzarsi che il numero di firme necessarie sia stato raggiunto e che il Sud abbia mostrato più vivacità, che in particolare la Campania si mobilita per raggiungere le 200mila firme, segnale politico importante che va riflettuto e non sprecato. Sull’esito dell’eventuale referendum nei giorni scorsi una prudente analisi, tendente anche a frenare gli entusiasmi indotti della mobilitazione per la raccolta delle firme è stata svolta da Luigi Gravagnuolo, giornalista e scrittore, già sindaco di Cava, sulla rivista “Gente e Territorio”, con la quale, dati alla mano, si argomenta che non è del tutto scontata la vittoria del no alla legge, anzi c’è il timore non infondato di una vittoria dei sì.
In sostanza, si ricorda che dei 46 milioni di elettori, 17 milioni sono al Nord, 13,3 milioni al centro e 15,1 al Sud. Aggiungendo agli elettori del Nord quelli di Emilia, Romagna, Marche e Toscana si ha una geografia politica che ci dice che il corpo elettorale è in maggioranza residente nelle regioni in cui si guarda con più favore all’autonomia, tenendo conto anche dei risultati in Lombardia e Veneto allorché i rispettivi presidenti chiamarono il loro corpo elettorale a pronunciarsi sull’argomento, ottenendo un risultato lusinghiero a favore dell’Autonomia.
La distribuzione geografica delle sottoscrizioni on line al quesito referendario, secondo Gravagnuolo, ci dice che in tutte le regioni del Nord e del Centro, tranne il Lazio, sono state sotto l’uno per cento del corpo elettorale, mentre tra Sud ed Isole si supera l’1% con il picco in Campania del 2,5%. La società civile sarebbe stata più coinvolta nel Sud e Lazio, mentre avrebbe prevalso la militanza politica nel centro nord.
La proiezione all’anno di svolgimento del referendum (2025?) potrebbe perciò riservare una qualche spiacevole sorpresa per i fautori dell’abrogazione. Senza contare che la campagna elettorale per i toni ed i contenuti vedrebbe già un’Italia divisa in due.
Dunque? Dunque sarà necessario che non vi siano pause nella costante e continua mobilitazione, una capillare informazione (nelle grandi periferie popolari delle metropoli, per esempio, ma anche nelle estreme valli del Nord e dello stesso Mezzogiorno) e sui rischi dell’Autonomia come disegnata dal Governo Meloni. E le forze del no a Calderoli come intendono tradurre in norme ordinarie il titolo V riformato? Come cioè intendono riordinare i poteri locali devolvendo le nuove competenze previste dalla Carta evitando tra l’altro un nuovo centralismo in capo alle Regioni? Occorre richiamarsi alle motivazioni di fondo che determinarono quel massiccio intervento sul titolo V sapendo, come dimostra il testo Calderoli, che la via è stretta tra rischi di nuovi centralismi e nuovi burocratismi e rottura dell’unità politica e istituzionale del paese.
L’obiettivo è semplificare la vita agli italiani e quello, straordinario, di unificare il paese superando definitivamente la “questione meridionale” e l’Italia duale dei più ricchi e dei più poveri localizzati rispettivamente al Nord e al Sud. C’è bisogno, quindi, che la mobilitazione permanente si accompagni alla chiarezza di merito alternativa all’Autonomia differenziata in chiave Meloni-Lega.