Pino è un musicista ancora da scoprire profondamente. Troppi dettagli tutt’ora da decifrare, intuire, interpretare, comprendere, imparare. Tanto nelle parole e nei significati quanto nei groove e nelle suite composte. La certezza viene a galla ogni volta che si ascolta e riascolta un suo album.
Gnut, Loguercio e Zurzolo, l’omaggio per Pino alla presentazione del libro di Repubblica
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Vale per quelli pop-elettronici, che semmai entravano in classifica agevolmente nell’arco temporale degli anni Novanta-Duemila, sostenuti da una serie di videoclip, e vale per quelli che conservano un precipitato africano, brasiliano, mediterraneo, folk/jazzoide e blues/funk/rock che riconducono immediatamente al primo full della sua discografia: alias, l’esordio di “Terra mia” (1977); il bis con l’omonimo “Pino Daniele” (1979), per intenderci quello di “Je so’ pazzo” e “Chillo è nu buono guaglione”, “Donna Cuncetta” e “Chi tene ‘o mare”; o il terzo – bestseller – “Nero a metà” (1980), da poco ripubblicato grazie a una iniziativa lodevole della Universal music Italia che ha rimasterizzato i vinili d’epoca con la maestria di Pino Pischetola e la complicità tecnica di Alessandro Di Guglielmo grazie ai quali adesso quel supporto è nuovamente in circolazione nei negozi, a tiratura limitata e numerata, con un formato vinile di 180 grammi che replica per scelta l’artwork originale con bauletto cartonato sigillato. Insomma, un dono non soltanto per i collezionisti ma per chi insegue musica di una certa sostanza. E ancora, con il quarto capitolo “Vai mo’” (1981), che include il manifesto esplicito “Yes I Know My Way”, e la quinta opera “Bella ‘mbriana” (1982), che si apre con “Annarè” dedicata alla sorellina morta a soli 3 anni a causa di una aggressiva meningite e si chiude con “Maggio se ne va”, che il regista Alessandro D’Alatri volle intensamente nella colonna sonora della prima stagione della serie tv “Il commissario Ricciardi”. Ebbene, in ciascuna delle produzioni citate i segreti sono ancora in parte da rivelare.
Folla e applausi alla presentazione del libro di Repubblica su Pino Daniele
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Altrettanto è lo stupore, setacciando gli album che seguirono a distanza di pochi anni. Quelli in cui brillano le partecipazioni di decine di star della musica internazionale. Era questo il suo radicale desiderio sin dalle origini. Un destino da compiere. Sin da quando, minorenne, non cantava e suonava solo la chitarra nella formazione detta Batracomiomachia. Perché il cantante di quelle session magiche dentro la grotta a ridosso di via Fontanelle era Enzo Ciervo, ossia Geremia Blue. Che di quella caverna – oggi un parcheggio/deposito – era il proprietario.
Ne saprete assai di più dalle pagine del libro “Con Pino” che Repubblica dona gratuitamente alle lettrici e ai lettori sabato 4 gennaio – quando ricorre il decennale della morte del chitarrista napoletano – in abbinamento con il quotidiano in edicola.