Giovanni Lepre
economista
Un lavoratore del pubblico impiego in Campania guadagna mediamente 35.246 euro all’anno, contro i 32.846 della Lombardia e i 33.459 del Piemonte. Il motivo? Secondo il Segretario Generale della Uil Napoli e Campania, Giovanni Sgambati, sta nella bravura del sindacato: la contrattazione territoriale in Campania, come in altre regioni del Sud, è più efficace.
Nel lavoro privato, tuttavia, avviene esattamente il contrario. Il salario annuo di un campano è mediamente di 17.500 euro, in Lombardia di 29.287. Solo in Calabria e in Sicilia si riscuotono paghe più misere di quelle della Campania.
A chi invita i giovani meridionali a cercare lavoro nel privato, disdegnando il ‘posto pubblico’, si può quindi ragionevolmente obiettare che, finché il tessuto produttivo meridionale non sarà sufficientemente esteso per consentire a un giovane di poter avere maggiore potere contrattuale nei confronti di un datore di lavoro, avendo la possibilità di scegliere tra proposte diverse, non sarà realistico chiedere a questi ragazzi un atteggiamento differente.
Ma questi dati non inducono al pessimismo. Anzi.
Prima di tutto, perché con le politiche avviate dal Governo per il Mezzogiorno e con la Zes unica in fase di decollo, quell’ampliamento del tessuto produttivo privato ci dovrebbe essere, nei prossimi anni.
In secondo luogo, non è detto che la produttività del lavoro pubblico resti quella non adeguata dei decenni scorsi. Non dimentichiamo che il blocco del turnover ha determinato un notevole ridimensionamento degli organici della pubblica amministrazione e che l’innesto di nuove forze, più giovani, qualificate e con adeguata cultura digitale, era e resta ancora necessario. Un pubblico impiego che funziona serve anche a far crescere l’impresa, in Italia e soprattutto nel Mezzogiorno.