Oramai sono passati più di trent’anni da quando l’episcopato del Sud pubblicò il documento «Chiesa italiana e Mezzogiorno», che suscitò un acceso dibattito anche per una affermazione che riuscì a scuotere le coscienze di molti: «Il Paese non crescerà se non insieme».
Oggi l’Autonomia differenziata sembra riproporre tutto il carico di quella questione irrisolta: l’unità del Paese, invocata anni fa dalla Chiesa del meridione come unica strada possibile da seguire per garantire uno sviluppo integrale della nazione intera, è lo stesso desiderio di comunione che chi ama questo Paese non smette di auspicare.
Una questione ancora aperta, troppo velocemente cancellata dal vocabolario politico di una destra di governo che può, con l’Autonomia differenziata appena approvata in parlamento, ingenerare percorsi destabilizzanti dell’intero Paese non del tutto prevedibili. L’assenza di una strategia di sviluppo per il meridione che certo non sarà risolto dall’autonomia anzi giusto il contrario, una visione aperta allo sviluppo integrale dell’intero Paese, rende retorica qualsiasi promessa di futuri investimenti, come rende rischioso elencare risorse e strumenti anche grazie al Pnrr senza indicare la strategia politica economica del loro uso.
Se la storia recente ha profondamente cambiato i termini economici e tecnici della questione meridionale, la sua essenza resta quella indicata dai grandi meridionalisti del passato, quella cioè di una grande questione, ancora aperta, che investe le stesse fondamenta morali della società nazionale e dello Stato unitario. In altre parole senza il meridione non c’è l’Italia, senza il meridione rischia il default economico, strutturale, ambientale, sociale, etico l’intero Paese che resta incompiuto.
Il Paese non crescerà se non insieme. E insieme, Fratelli d’Italia, non lo saremo più, dopo l’autonomia differenziata, qualsiasi cosa ne dica questo governo. Il bene comune è molto più della somma del bene delle singole parti e qualcuno subdolamente prova a negarlo contro ogni evidenza, contro la storia di questo Paese, contro il valore dell’unità, contro il principio della solidarietà che è lo stesso principio che da solo può tenere insieme la Nazione. Cos’è il Sud d’Italia per questo governo, cosa resterà della speranza del Sud di poter superare l’attuale sviluppo incompiuto, distorto, che ha portato ad una complessiva “struttura di regressione”, ad una concatenazione di meccanismi che rischia di diventare come un “circolo vizioso” che aggraverà il disagio grazie all’autonomia? Cosa resterà delle parole gridate, delle promesse di rilancio di un’economia che doveva assicurare che non ci sarebbe più dovuta essere diversa velocità tra Sud e Nord, che avrebbe dovuto rilanciare la “questione morale” del Mezzogiorno in riferimento alla disuguaglianza nello sviluppo tra Nord e Sud del Paese e alle implicazioni di un tipo di sviluppo incompiuto, distorto, dipendente e frammentato?
Vale la pena per chi si erge a testimone di Patria unita e indivisibile venderla per trenta denari di potere in più in forza di un compromesso, direi quasi di uno scambio opportunistico, che dà soddisfazione alle parole mutate nel suono, ma rimaste uguali del disegno delle spinte secessioniste della prima Lega Nord, al ricatto di una parte minoritaria del governo e del paese che porterà a casa un successo che, perseguito da sempre, lo ottiene oggi nel momento più basso del suo consenso politico?
Il rischio di un declino del sud del paese dopo l’autonomia è avvalorato da studi di esperti e non solo di parte, dai vescovi della chiesa italiana, da economisti di grande esperienza e valore, un progetto che altro non farà che crescere l’egoismo, individuale e corporativo, con il rischio di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse, trasformandolo così in quello che è stato da sempre, per chi voleva ingannarlo e sfruttarlo, in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo. Conviene a questo governo e a questa maggioranza tradire anche una parte dei suoi stessi elettori pur di dare compimento a questo improvvido disegno? Cambiare idea è dei grandi uomini, fare i conti con la storia, quella vera, dei politici illuminati.