Sabato 20 aprile, alle 10, al Teatro di Corte di Palazzo Reale un appassionante dibattito sul tema “Immaginario e letteratura. Napoli e mondo”. Un confronto a più voci con Maurizio de Giovanni, Antonio Franchini e Marino Niola. Con loro anche Lorenzo Marone.
Marone, quanto è cambiato l’immaginario della città?
«Molto. C’è stato un momento con “Gomorra” che ha contribuito a un tipo di narrazione univoca durata anni. Dopo c’è stata un’inversione di tendenza procurata da tanti elementi, fra i quali la voglia di ribaltare il racconto di Napoli. Ad esempio penso al contributo dato dalle storie di de Giovanni. In ogni caso Napoli è sempre il centro di innumerevoli visioni e racconti, da “Un posto al sole” al già citato “Gomorra”. La narrazione è complessa come lo è la città. E più sfaccettato si fa il racconto, più lo diventa Napoli».
Quali figure e quali elementi culturali nuovi si sono affermati rispetto al passato?
«Con le sue innumerevoli narrazioni Napoli ha iniziato ad attirare sempre più persone.
È aumentato il turismo che è diventato fenomeno, profondamente radicato nella città, e la sta tramutando. Ci sono aspetti positivi e negativi con un fattore in comune: guardare Napoli come elemento culturale in sé. Si viene qui per l’enorme patrimonio culturale. Per dettagli antichi, sì: ma ci sono anche nuove figure, un fermento culturale sempre più ampio, che va oltre i riferimenti della generazione dei cinquantenni. Pensiamo a Geolier o a Sara Penelope Robin. I napoletani sono sempre al centro di un mondo che sta cambiando».
E invece quali elementi dell’immaginario proveniente dal passato secondo lei restano ancora oggi immutati?
«Tantissimi aspetti che riguardano, ad esempio, la musica o la cucina. Bisogna però non dimenticare, in una continua commistione tra il nuovo e l’antico, i tanti stereotipi provenienti dal passato. E qui si aprirebbe un altro lungo discorso. In realtà ciò che mi stupisce oggi girando l’Italia, andando nelle scuole è che un patrimonio culturale che fa parte intimamente di noi, come Eduardo , Troisi o Totò, forse si sta disperdendo. Mi capita di citare Totò ai giovanissimi, e tanti ragazzi non lo conoscono neppure».