Il Tar Campania con sentenza 1178 del 19 febbraio ha parzialmente accolto il ricorso della Campania sui fondi di coesione. Il ministro Fitto ha già annunciato che si rivolgerà al Consiglio di Stato. Come spesso accade, Palazzo Chigi potrebbe trovare maggiore ascolto. Ma la sentenza si mostra comunque in linea con i precedenti, e merita attenzione.
È dichiarata inammissibile la richiesta della Regione al giudice di assegnare direttamente i fondi, trattandosi di attività non vincolata. La stipula di un accordo tra amministrazioni equi-ordinate è presupposto necessario per l’assegnazione. Si trae però dalla normativa un “obbligo di procedere”, configurabile in specie quando il fattore tempo è essenziale. Si ordina il completamento dell’istruttoria, “all’occorrenza, predisponendo lo schema di accordo”, entro 45 giorni. È riservata, nel caso di inerzia, la nomina di un commissario ad acta.
Luci e ombre nella sentenza, che concede alla Regione un punto con il parziale accoglimento. Ma il Tar non limita la discrezionalità del Governo quanto al merito. E qualche filo sciolto rimane. Supponiamo che si giunga al commissario che predispone lo schema di accordo. Se il Governo non stipula, quid juris? Certo il commissario non potrebbe stipulare in luogo del Governo, né il giudice potrebbe imporre all’esecutivo di stipulare. Quali rimedi sarebbero ancora disponibili? Un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale? Inoltre, sarebbe stato interessante se nella pronuncia la diversità di trattamento tra territori lamentata pubblicamente da De Luca fosse emersa come prova di un illegittimo esercizio dei poteri del Governo. Sarebbe stato un precedente utile sul terreno dell’autonomia differenziata. Ma non è accaduto.
In ogni caso, una lezione si trae dalla velocità di Fitto nell’annunciare il ricorso al Consiglio di stato. In ultima analisi, il Tar ordina una accelerazione dell’istruttoria, e nient’altro. Il ruolo e il peso decisionale del Governo non vengono compressi o sminuiti. Visto che qualche buona ragione sui ritardi De Luca la prospetta, ed è stata recepita dal giudice con ampia motivazione, non sarebbe stato più corretto se Fitto – come ministro della Repubblica – avesse assunto la pronuncia e impresso l’accelerazione chiesta? O vuole vendicare l’onore offeso dalle sceneggiate deluchiane?
Sarebbe probabilmente un errore trarre dalla sentenza del Tar Campania implicazioni favorevoli al Sud al di là della specifica questione. Piuttosto, Fitto offre un sintomo che il governo della destra non fa sconti ai non allineati, e non guarda al Sud. Questo ci dice non poco sull’Autonomia differenziata, avviata il 14 febbraio in Commissione affari costituzionali della Camera. Il relatore on. Russo (Fi) si è limitato a una pedissequa lettura, parola per parola, del testo Senato. Ne traiamo l’indicazione che la maggioranza cercherà di tenere il coperchio sulla pentola evitando una navetta con ritorno all’altra camera. Hanno attaccato il testo l’on. Sarracino (Pd), che lo ha definito “antistorico, sconveniente e ingiusto”, e l’on. De Luca (Pd). Si prefigura una contrapposizione frontale con la destra. Come ho già scritto su queste pagine, non è probabile che il ddl Calderoli sia fermato in Parlamento. Il baratto infame tra Autonomia differenziata e premierato tiene.
Giorgia Meloni sembra avere grande interesse a far crescere il suo partito nel Nord e in specie a conquistare il Veneto, e certo non può dare battaglia sull’Autonomia. Una resistenza popolare è indispensabile in forma referendaria, se e quando possibile. Intanto, le Regioni possono fare alla Corte costituzionale ricorsi in via principale e conflitti di attribuzione, contro il ddl Calderoli quando approvato in via definitiva, contro le leggi approvative di intese con singole regioni, e contro l’attuazione sublegislativa delle intese. Ancora, Regioni e Comuni possono tenere consultazioni popolari secondo gli statuti. Un’ipotesi rafforzata dal crescente orientamento dell’opinione pubblica contro la riforma leghista (Diamanti, Repubblica, 19 febbraio).
Per l’occasione dell’odg sull’Autonomia differenziata nel consiglio comunale di Napoli vogliamo ancora segnalare che sarebbe cosa buona e giusta se regioni ed enti locali aprissero a consultazioni popolari anche con il voto online. Sarebbe informata una più vasta platea di opinione pubblica, e si bilancerebbe meglio il dubbio che l’Autonomia differenziata sia battaglia per le ambizioni del ceto politico, e non per la qualità di vita di tanti milioni di donne e uomini in tutto il paese.